martedì 26 novembre 2013

Io come Dante


… Lui mi chiese chi mi aveva fatto da guida ed io iniziai a raccontare…
Era il 18 Febbraio e, come al solito, quel giorno, all’alba, inviavo un messaggio a mio fratello per il suo compleanno, anche se sapevo che non mi avrebbe risposto a causa del rapporto che, invecchiando, peggiorava sempre più.
Per me inviare un messaggio richiedeva tempo perché mi avevano diagnosticato un’artrosi alle mani, inoltre al mattino presto, in occasione del compleanno di qualche mio fratello, spedivo una lettera e qualche regalo che mi apparteneva ed era carico d’affetto per me e per i miei genitori che ormai non c’erano più.
Ormai ero anziana e mi recavo a Messa, specialmente il 18 perché era l’anniversario di morte di mia nonna, che non ho mai conosciuto. Quella sera decisi di fermarmi a parlare con il mio prete, quasi centenario, che mi conosceva da quando ero bambina. Iniziai a parlargli quando sentii un dolore fortissimo al petto, lui provò chiamare aiuto, ma quando tornò da me… Io… Non c’ero già più.
Mi risvegliai in un prato tutto verde e percepii una voce che non avevo mai sentito, una voce così bella che non sapevo descrivere. Mi rialzai e vidi uno specchio; mi guardai ed ero tornata bambina, poi vidi una signora che mi prese per mano e iniziò a parlarmi dicendomi di chiudere gli occhi. Prima, però, mi cadde l’occhio su una collana che portava al collo: era una bellissima catenina d’oro con un cuore spezzato con scritto “Sant’Antonio proteggi il mio sposo”, proprio come quella che aveva mio nonno.
Io, subito, le chiesi se era lei la mia nonna mancata, ma lei mi rispose con un’unica frase: “Vieni e seguimi, fidati di me”. Mi prese la mano e mi ordinò di chiudere gli occhi.
Quando li aprii, vidi un luogo tutto rosso pieno di anime tristi. Bisognava stare zitti.
Dopo, mentre camminavo, mi resi conto che stavamo camminando verso l’Inferno; proprio dopo aver realizzato, entrammo nel cosiddetto “Cuore dell’Inferno”. Mi fecero sedere su una poltroncina con sotto tutto del fumo rosso, come i fumogeni che lanciano nella Nord, però puzzavano di meno… Comunque tornando a noi…
Mentre aspettavo, un ragazzino vestito di bianco mi spiegò che potevo venire al piano superiore. Continuando a camminare più avanti c’erano tre porte, una grande, una media e una piccola.
Io andai un po’ preoccupata. Quando arrivai, su ogni porta, tranne in quella più piccola, c’era scritto “La tua strada è dietro questa porta, non avere paura di entrare.”
Visto che ero una bambina, ragionavo come quando avevo dodici anni, perciò stavo per entrare nella porta grande quando il rumore di alcuni passi mi spaventarono.
Presa dalla paura, volevo entrare nella porta media, ma un flashback mi fece cambiare idea. Mi ero ricordata che il Vangelo recita “Non entrare nella porta larga e grande, ma nella porta stretta e piccola”. Così, senza ripensarci due volte, corsi dalla porta piccola, entrai con qualche difficoltà, e, appena entrata, un gruppo di nuvole color avorio mi fecero da “trasporto”. Rividi quella signora ed ero sempre più convinta che fosse mia nonna, poi quel ragazzo spuntò di nuovo e mi spiegò che ero nel Purgatorio.
 Lì c’erano molte anime che mi sembrava di conoscere. Erano legate con una catena al piede e in fondo avevano una specie di pietra tutta rotonda e nera. Li, prima di entrare nel Paradiso, c’era una grande porta tutta con degli ornamenti d’oro.
C’erano due santi, San Giovanni e San Pietro, che aprivano una lunga pergamena ad ogni anima che si fermava per entrare nel Paradiso. Iniziavano a leggere la vita di colui che si presentava. Infatti, c’era da fare una fila lunghissima, come quella delle Poste. Il tempo sembrava che non passasse mai. Ad un certo punto toccava a me; iniziarono a leggere la mia vita fino a dodici anni, ed è per quello che le anime le trasformavano in ragazzi.
Alla fine del racconto mi commossi, mi diedero la pergamena e mi annunciarono che potevo salire al piano di sopra. Piano piano mi alzavo e lasciavo il Purgatorio per entrare nel Paradiso.
Lì incontrai tutti i miei parenti.
Per ultima arrivò quella signora misteriosa e pronunciò la frase più bella di tutta la mia vita: “Sono io, tua nonna”.
Ero felice anche se ero morta! …
 Lui mi disse che è stato un bel viaggio, e io, molto contenta, me ne andai…
Maddy1893 (2^D)



giovedì 21 novembre 2013

Gli Hopi

Ecco la ricerca di un mio ex-alunno, ora universitario, sulla popolazione amerindia degli Hopi.

Erano  tempi in cui a scuola si studiava Informatica e si poteva fare* scuola in modo diverso.

Ve ne proporrò altre affinché esse non siano da confronto, ma da stimolo.








*Sapete quanto odio il verbo 'fare', così generico e poco specifico. A voi trovare sinonimi più appropriati.

Prof.Mouse

mercoledì 20 novembre 2013

Cosa pensano i miei arti




In questo momento le mie braccia e le mie mani sono stanche perché è tutto il pomeriggio che scrivo e direi che non sono molto contente; mentre i miei piedi e le mie gambe sono stufe di stare sedute senza muoversi da “tre ore”.
 
Mi sembra passata una eternità da quando ho iniziato a scrivere questi due temi e non è una cosa tanto piacevole; ma quando sono a scuola è molto peggio perché, per tre ore, i miei piedi e le mie gambe non si muovono proprio per niente!
 
 E che dire dei miei polsi? Stanno tutto il giorno a scrivere, a scrivere e a scrivere in vari modi:
 
il primo è sotto dettatura che è il peggiore perché, se non ti sbrighi, sei finito e direi che per i nostri polsi reggere il tempo rappresenta un gran bello sforzo;
il secondo è anche lui brutto, hai un tot di minuti per RICOPIARE una pagina o un paragrafo del libro di testo;
il terzo è sotto pressione, ad esempio le verifiche o le interrogazioni scritte;
- il quarto è quello che io preferisco, cioè inventare uno scritto perché nessuno ti dice di sbrigarti e perché lo inventi tu e, soprattutto, nessuno può dirti che hai sbagliato ciò che hai scritto.
 
 Comunque sia, i miei polsi soffrono in tutti e quattro i casi.

La materia che i miei arti odiano di più a scuola è educazione fisica (ma, purtroppo per loro, è la mia materia preferit )  perché si corre e le mie gambe soffrono e credo che, se avessero una mente per  pensare, mi ucciderebbero anche per il fatto che si stancano troppo, per non parlare di quando salto che ho l’intestino che va da una parte all’altra della pancia!

Le mie braccia, quando gioco a tennis, secondo me, pensano “Ma chi ce lo ha fatto fare?” e quasi mi dispiace per loro perché capisco quanto si possano stancare!
 
Julia (2^F)

Il 'mio' Caronte/2

 



Mi  sono sempre immaginato Caronte con il cappuccio sulla faccia,  gli occhi assatanati e la schiena a punto interrogativo.
 
Ad un certo  punto ho cambiato idea: l'ho immaginato come se sentisse il passare  degli anni e, iniziandosi a stancare del lavoro svolto, divenisse il"nonno pazzo" dei morti e non prendesse più il suo lavoro con  serietà ed impegno.
 
Assolutamente non me lo immagino come  nell’affresco di Michelangelo.
 
C’è da chiedersi se quel pittore abbia  mai sollevato la copertina della Divina Commedia, mai un tratto che lo  raffiguri o lo possa minimamente ricordare. Ha cambiato tutto!
 
Il  Caronte classico per me è quello dei miti greci come quello dei tempi  di Ulisse che aveva la barba lunga color neve e gli occhi di fuoco. 
Nel ritratto di Michelangelo, per me, è troppo muscoloso, alto e  arrabbiato (che tra l’altro non si capisce con chi perché non si sa  chi prende a bastonate).
Altra cosa che mi lascia perplesso è lo  sfondo: troppo calmo come cielo, nei racconti in cui è raffigurato  l’Inferno lo si descrive buio, cupo e straziante, qui invece viene  raffigurato come una celestiale giornata di primavera.
 
In questo  dipinto mi lasciano perplesso varie cose e non credo proprio che  assomigli a quello di Dante.
 
Emidex (2^F)

I miei arti pensano

Io adesso sono seduto alla mia scrivania a fare i compiti.
Le mie braccia, le mie gambe e i miei piedi stanno pensando di andare a giocare a basket.
A pallacanestro le mie braccia afferrano la palla e la fanno palleggiare;  le gambe pensano di correre avanti e indietro, destra e sinistra e di andare in obliquo. Infine, i miei piedi pensano di piegarsi per aiutare la gamba a muoversi di più, a darsi lo slancio per saltare in alto per prendere la palla o per tirare a canestro.
Quando sono a scuola le mie gambe, braccia e piedi hanno voglia di fare ricreazione o fare educazione fisica. Quando eseguo ginnastica, dicono: ”Che bello muoversi!”.
 Quando sono nel banco, le mie braccia non ce la fanno più a scrivere, le mie gambe si rilassano così come i miei piedi.
Jeky (2^F)

Il 'mio' Montalbano





Salvo è un Commissario di Polizia che ha risolto molti casi.
 
E’ simpatico a volte, ma, quando si sveglia con il piede sbagliato è sempre meglio non parlargli perché può essere molto scorbutico.
 
E’ fidanzato con una bella donna di nome Livia che vive a Genova. Lei è alta, con gli occhi azzurri cristallini, i capelli che arrivano alle spalle, biondi strati; è magra, ha la bocca a cuore e le labbra carnose di color rosso sbiadito.
 
  Livia e Salvo hanno adottato un bambino di nome Dennis, proveniente dalle coste africane. I suoi genitori lo avevano abbandonato perché non avevano i soldi per poterlo mantenere. Salvo non ha mai tempo per lui e Dennis soffre molto per questo, soprattutto ora che sta per compiere dieci anni e si rende conto di come funzionano le cose. Quando Salvo torna a casa e non trova Dennis, sa che è nel posto segreto che conoscono solo loro e ci vanno quando si sentono tristi. Quando il commissario ha tempo, guardano le partite di calcio, soprattutto la loro squadra del cuore.
 
Il piatto preferito da Salvo sono gli spaghetti allo scoglio con cozze, vongole ed altri molluschi, che accompagna sempre con un buon bicchiere di vino bianco. Il suo dolce preferito sono i cannoli siciliani, li ama in tutti i modi. Livia viaggia molto e quindi Salvo si deve fare da mangiare da solo. Spesso va a cenare nel suo ristorante preferito: a casa di zia Rosa.
 
Salvo non è molto alto, ha pochi capelli di color nero cenere e la barba ha qualche peletto bianco latte, gli occhi marroni terriccio. E’ cicciotto, ha una voce forte e rauca,  le orecchie a sventola e le labbra sottili e poco scure.
 
Ama il calcio e il tennis. Infine, adora andare in barca in mezzo al mare a guardare il sole che tramonta, congedare il giorno vecchio e salutare quello nuovo.

Titta (2^F)

lunedì 18 novembre 2013

Nostalgia dell'estate

Genova, 23/10/2013

 

Caro Severy,

 

mi sono divertito molto insieme a te questa estate.

 

Dato che sei svizzero, abbiamo avuto qualche problema a capirci, comunque ho trascorso una bella vacanza insieme a te, ad Ema e alla tua famiglia.

 

Dato che siamo stati solo una settimana insieme, ora ti dico quale è il mio carattere:

 

io mi definisco abbastanza simpatico e un po’ ironico.

 

Stando insieme, ho capito che il tuo carattere era un po’ diverso dal mio, ma alla fine ognuno ha saputo accettare l' altro.

 

Mi ricordo quanto ci divertivamo (anche con Ema) a spingerci a vicenda sul gommone. Era incredibile, in quel gommone eravamo in otto e non è crollato!

 

Abbiamo avuto qualche problema a dialogare, ma siamo riusciti ad organizzarci per fare una battaglia d' acqua verso le tre del pomeriggio in piscina.

 

Severy , questa esperienza è stata un’occasione per nuotare.  Lo sport del nuoto é il mio preferito, lì io mi diverto un mondo , anche se a volte ci fanno nuotare un po' troppo.

 

Ritornando alla nostra vacanza...

 

Ah sì, ora ricordo , eravamo rimasti alla battaglia d' acqua!!!

 

Ovviamente sono riuscito a dimenticarmi le pistole d' acqua nel bungalow , ma ( e con il mio inglese... ) sono riuscito a spiegare loro che andavo a prendere le pistole e poi sarei subito tornato.

 

Tornato in piscina con le pistole d' acqua, abbiamo iniziato a fare la guerra , me lo ricordo come se fosse ieri.

 

Usavamo i cavallucci di gomma piuma come cavalli , le pistole come spade e le tavolette come scudo.

 

 

Abbiamo continuato così per un' ora e mezza.

 

Poi ci siamo presi un gelato , ce lo siamo gustato e, successivamente , abbiamo giocato in piscina.

 

Dopodiché... tutti nel bungalow!!!

 

Dopo aver cenato , io ed Ema siamo subito corsi dai giochi e, come ogni sera, c'erano i nostri amici. Come al solito, ci siamo spinti con il gommone , ma io ed Ema abbiamo provato un gioco che insieme non avevamo mai fatto: la doppia altalena.

 

Era un palo con una corda; si metteva sulla cima del palo la metà della corda,  così c'erano due corde con sistema di leva in centro e alle estremità un sedile. Dato che era un sistema a leva , le due persone dovevano avere lo stesso peso , ma io ed Ema avevamo undici chili di differenza , allora io e mia sorella ci siamo messi nello stesso sedile, ma Ema era ancora più pesante di me e mia sorella messi insieme.

 

Spero che questa lettera ti faccia un po’ ridere .

 

Aspetto una risposta e tanti salutoni.

 

(Spero che gli impiegati che spediscono la posta in Svizzera possano tradurre la lettera in tedesco).

 

 

 

PATTO   (2^F)

sabato 16 novembre 2013

Il 'mio' Caronte


 
Io mi  immagino Caronte come un diavolo di colore rosso a causa  del sangue di cui si è nutrito.
Gli occhi sono egualmente di color rosso fuoco, la faccia terrificante attraversata da ferite enormi.
E’ inguardabile!
La bocca gigante con i denti aguzzi e ancora sporchi di sangue del suo precedente spuntino...
Ha i capelli rossi come quelli dei punk, spessi e dritti.
Ha un fisico possente e muscoloso,  i suoi pugni hanno una potenza tale da far crollare anche un grattacielo.  E’ altissimo, circa 20 m, e col passare del tempo cresce sempre di più. In testa ha un paio di corna enormi capaci di perforare una montagna. I suoi passi sono cosi pesanti da far tremare la terra quando cammina, le sue mani sono giganti e muscolose con le nocche grosse e le unghie lunghe ed incrostate, in mano tiene una forca appuntita che gli serve a torturare i dannati.
 Incute un grande timore e non ci si abitua mai a guardarlo...
 Ha un tono di voce grottesco che rimbomba in tutti i gironi dell’Inferno.
Porta vestiti stracciati, grigi, che non cambia quasi mai e non si lava.
Spero tanto di non avere mai a che fare con lui perché solo al pensiero mi vengono i brividi.
 
Roland (2^F)

Il derby

Da prof. sampdoriano quale sono mi tocca pubblicare la lettera di un'alunna avversaria.


Genova, 16 settembre 2013         

Caro Alessandro,

 ieri è successa una cosa veramente strepitosa che devo assolutamente raccontarti, anche se tu sei tifoso di un’altra squadra ( mi spiace per te che sei nato in Piemonte): umiliata la Sampdoria!
Vittoria nettissima di un Genoa attento, compatto e autore di tre splendide reti. Antonini nel primo tempo, nella ripresa Calaiò e infine Lodi su punizione. Partita senza storia.

Uno 0 a 3 frutto di una partita interpretata con grande concentrazione e intelligenza dai rossoblù scesi in campo finalmente senza paura di giocare il pallone, senza fretta di allontanare un qualcosa che scotta, ma prendendosi la responsabilità di volere il pallone per farne trame di gioco. E con le geometrie sono arrivati tre gol splendidi. Tre gol indimenticabili che hanno scatenato la gioia nella Nord.

E tanto merito a mister Liverani, che abbiamo criticato severamente nelle altre partite, perchè oggi ha avuto il coraggio di cambiare un  gioco troppo spregiudicato per passare ad un solido 3-5-2, che ha portato compattezza. Con Gamberini Portanova, il capitano, e Manfredini dietro, i laterali che sono stati preziosi in difesa e in attacco: Antonini, autore del gol del vantaggio, e Vrsaljko,  padrone della fascia destra e autore del cross del raddoppio. Un centrocampo attento, che ha intercettato decine di palloni ed ha difeso e costruito, con Biondini strepitoso a tal punto che ad un certo punto giocava di tacco, Lodi che ha dominato e basta dire questo, Matuzalem che è... Matuzalem, con tutti i suoi tatuaggi. Davanti il fantastico bomber Gilardino che ha corso novanta minuti, ha creato l'azione del raddoppio con un assist al volo  per Vrsaljko, che forse è stata la cosa più bella della partita, ha ottenuto la punizione del terzo gol, segnato sotto la Nord da Lodi.
Ti lascio immaginare le scene di felicità in gradinata, tutti abbracciati a saltare di gioia. Calaiò, che ha fatto un grandissimo lavoro, ha segnato al suo debutto confermandosi attaccante di quantità e qualità.
Il nostro portiere Perin? Credo si sia annoiato fino al tiro parato a Sansone nel finale. Mitico il suo 3 con le dita sotto la Sud.
Quanto alla "povera Samp" e ai suoi degni tifosi? Non pervenuti, azzerati, ridicolizzati. Sia in campo che fuori. Tutti a casa e muti.
Ale, meglio di così nemmeno nei sogni, anzi a pensarci bene se ripenso a Boselli questa è una giornata noiosa. J

 

                                                                                                            
Baci,

Auro
[N.d.R.: E fu così che anche l'alunna si beccò un bel 3]
 

sabato 19 ottobre 2013

La valigia dei sogni


Dipinto di Enza Zizzi "La valigia dei sogni"

“No ,ho detto no, sono le mie ultime parole al riguardo.”

“Mamma! Tu non capisci!”

“Oh, ti sbagli, capisco eccome! Figlio mio non hai l’età per scoprire cosa ti attende là fuori: è pieno di gente falsa e di truffatori!”

“Questo è quello che pensi tu. Non sono più un bambino,ormai.”


Queste furono le ultime parole che Gilbert rivolse alla madre un po’ di anni fa.

Bambini, mi rivolgo a voi, la storia che vi sto per raccontare ha qualcosa di speciale perché oggi vi svelerò chi è quell’omino tutto strambo che viaggia per il mondo insieme ad una piccola valigia marrone.
Vi svelerò chi è il donatore dei sogni!

Adesso riprendiamo la nostra storia. Dunque dove ero rimasta? Ah, già…

Il povero Gil corse a chiudersi in camera sua. Si mise a piangere e ogni sua lacrima faceva crescere in lui odio e dolore.

“Non è giusto, non è giusto!” Tirò su col naso e accecato dalla rabbia prese a pugni il cuscino sfasciandolo completamente.

“Nella mia vita non ho mai vissuto un momento felice…” pensava triste” Non ho nonni, non ho padre, non so quale sia il valore di avere degli amici, delle persone che ti vogliono bene; inoltre vivo in una stupida casa sperduta in Texas…” cadde a terra sfinito. Piangeva ancora. Le piume del cuscino volteggiavano in aria fino a posarsi dolcemente sul suo corpo ”…come se non bastasse non ho la minima idea di cosa sia la vita fuori da qui.”

Al piano di sotto di quella dimora la signora Irotangos, intenta a pelare patate, ragionava su che futuro potesse avere un giorno suo figlio. Ci pensò e prese una decisione; salì le scricchiolanti scale in legno. Gilbert aveva chiuso a chiave la porta della sua stanza.

“Tesoro? Vestiti, usciamo!”

Quella frase rimbombò nella testa di Gil. Si infilò gli scarponcini, incredulo. Prese dalla tasca dei jeans la chiave in ottone e aprì. A momenti credeva si trattasse di un sogno divenuto realtà! Con gli occhi colmi di speranza e gioia fissò intensamente la madre.

“Figliolo, è tempo che tu sia libero di andare dove desideri in questo vasto mondo. Potrai farti degli amici e scoprire cose che non sai. Finalmente potrai pensare al tuo futuro. Forza! Scendiamo e andiamo via” affermò sorridendo al nostro protagonista.

Lui non rispose, era immerso nei suoi pensieri ed era troppo estasiato per riuscire a parlare.

Il portone si spalancò. Una luce immensa accecò gli occhi del bimbo che non seppe trattenere un “Wooow!” di stupore. “Sì, wow. Ecco da cosa ti ho tenuto protetto per tutti questi anni. Sai è stato magnifico averti visto crescere.” Si abbracciarono appassionatamente e Gilbert sentì l’amore della famiglia dentro di sé. In quell’istante gli sembrò che tutto fosse possibile e fu proprio in quel momento che una piccola valigia marrone apparve davanti a loro.

“Gil…penso che tu abbia già un lavoro ed è proprio adatto a te!” L’abbraccio si sciolse con dolcezza.

Gilbert, spiazzato, prese la valigia e l’apri con ansia. Ma, che succede?!

 Era vuota! Nell’istante in cui fece l’atto di richiuderla accuratamente la signora Irotangos gli porse dei vestiti molto strani e fantasiosi: una lunga giacca, una camicia a quadri colorati, un papillon e un cilindro avvolto da un nastro blu.

“Li tramandiamo di generazione in generazione. Tu,piccolo mio, li indosserai per svolgere il tuo compito. Il lavoro che hai è importante per il pianeta, è importante per l’umanità.”

Ci fu una pausa nel discorso emozionante tenuto dalla mamma.

“Non hai ancora capito Gil?”

Gilbert ascoltava con gli occhi che gli brillavano come diamanti ma l’espressione del suo visetto tondo era perplessa…

 

”Tu sei il donatore dei sogni!”

 


E da lì iniziò una straordinaria carriera che rese ogni giorno più felice ad ogni bambino del mondo.

Vi chiedete come fa a farvi sognare? Come fabbrica i sogni? Come li distribuisce e a cosa gli serve quella valigia? Beh…questa è un’altra storia!

Ely (II^D)

lunedì 8 aprile 2013

Filastrocca: Le città






Berlino,
dove tutti bevono un liquorino.

Londra,
dove tutti fanno baraonda.

Parigi,
città non toccata dal Tamigi

Milano,
dove comprare é umano.

Viareggio,
dove tutti vanno a passeggio.

Bruxelles,
lontana dalla Torre Eiffel.


Le città sono tutte belle
che potrebber sfilar come modelle.
Rora (1^F)
 
 



domenica 24 marzo 2013

Filastrocca. La penna


Non dovrei mai mancare nel tuo astuccio,
ma di solito perdo il cappuccio.

Di tanti colori posso essere
e tutti ti daran benessere.

Il bianchetto proprio non mi piace
perchè egli è troppo vorace.

Di plastica son fatta
e mi definisco compatta.

Quando mi fai cadere,
il male mi fai vedere.

Non possiedo più inchiostro,
ma per questo non sono un mostro!
ChiccaB1 (1^F)

Filastrocca: La nuvola


Ti conosco nuvoletta
che cammina sola sola
non armata di saetta
sembri un angelo che vola.

Or somigli ad un leone dalla rossa criniera
che lotta tutta la sera.

Sei bella e morbida,
con te andrei fino in orbita.

Vorrei toccarti con un dito
per prendere un frutto dal tuo albero fiorito.
MntConto (1^F)

Filastrocca: Il mio diario


Il mio diario è rosso e bello
in copertina un grande ombrello.

Degli avvisi su e giù
e ogni giorno uno in più.

Tanti paciughi ci sono dentro,
ma molte firme ci sono in centro.

Molte barzellette ci sono in basso,
una bella ha protagonista un tasso.

Ogni tanto una nota,
alcuni giorni una pagina vuota.

Quando la scuola finisce,
sul mio diario disegno delle strisce.
Ale (1^F)

lunedì 28 gennaio 2013

Il diritto di spizzicare

Ottavo diritto imprescrittibile del lettore secondo Pennac: il diritto di spizzicare.

Pertanto i nostri giovani autori di I^F saltabeccano tra Harry Potter, Il Piccolo Principe e Piccoli Brividi. Con che esito?

Verificate voi.



Un giorno il Piccolo Principe, Valentina ed Harry Potter decisero di  comperare un gioco. Andarono nel negozio e fra tanti giochi scelsero un gioco da tavola: "Reale".

Appena arrivati a casa, lo aprirono con fretta. Pareva strano: c'erano pedine colorate, tutte a  forma di razzo.

 “Forse l'hanno  fatte apposta per noi, chi lo sa... “

Aprirono il foglietto delle istruzioni: sembrava un semplice "Gioco dell'Oca" un po' modificato. Più o meno avevamo capito. Incominciò Valentina: il dado la portò direttamente alla casella numero "sei", nel regolamento c'era scritto che a ogni turno bisognava girare la manovella. Valentina girò e capitò "Invasione aliena", questione di pochissimi millesimi di secondo e si sentì un tuono fortissimo e si ritrovarono insieme a una decina di alieni!

Incominciarono ad immobilizzarli, il Piccolo Principe riuscì a tirare il dado e a girare la manovella. Capitò "Bonus: vai avanti di sei" e gli alieni scomparirono.

 Uh che fortuna!

Toccava a Harry Potter ed egli  aveva paura accadesse loro un'altra nuova disavventura. Lanciò il dado e con cautela girò la manovella e, per nostra fortuna, c'era scritto: "L'astronauta ti aiuterà per cinque turni a combattere". Evviva!

Ricominciò il turno e Valentina nuovamente rigirò la manovella e capitò"La terra si spaccherà in due". Eh,  che sfortuna! Sotto i loro piedi sentirono un terremoto e ci volle ben poco che si spaccasse il terreno. Chiesero aiuto all'astronauta che riparò tutto.

Però...:" Piccolo Principe, Piccolo Principe, svegliati!"

Il Piccolo Principe si svegliò e vide quel Gioco dell'Oca . Stranito, raccontò la storia del suo sogno.
Danone (I^F), Roland (I^F)

venerdì 4 gennaio 2013

Presentazione

2013...parte il blog del Tempo Prolungato dell'I.C. Quinto-Nervi.

 
Le redazioni delle classi 1^D e 1^F sono al lavoro da qualche mese.
 
Si attendeva il prof.
 
Ora, dopo aver
nelle vacanze natalizie, anche il prof. è pronto.
 
In primis,
facciamo conoscere la nostra scuola:
 
 
 
 In secundis,
il nostro quartiere:
 
 
 
posizionato qui (siamo pur sempre geografi):
 
 
 
 
Buona lettura!